mercoledì 8 febbraio 2017

LE FONTANE DELLA SCHIARA

Il gruppo della Schiara, Dolomiti bellunesi
Giugno 2006, un sabato pomeriggio estivo sul gruppo della Schiara. Un imprudente sportivo a caccia di facile dislivello e le sue disavventure con l'inclemenza climatica dell'alta montagna. La cronaca minuto per minuto del suo primo e finora (speriamo) unico infortunio sui sentieri dei Monti Pallidi. Ed un sola certezza: già allora era chiaro che, in certe occasioni, un refrigerante boccale di birra da mezzo litro è senza dubbio la scelta più saggia e sicura per l'incolumità fisica ed il benessere spirituale. L'articolo venne pubblicato alcuni giorni dopo il fattaccio, dal diretto interessato, su un vecchio blog della piattaforma Splinder.
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Mi piacerebbe intitolare questo scritto Storia di un infortunio del menga, e credo che si tratterebbe proprio di una buona idea in quanto le premesse per farlo ci sono tutte. Oppure, che ne so, Avventure di un Merendero in alta quota potrebbe essere un'altra soluzione. Le ragioni per prendere a quattr'occhi il protagonista di questo racconto ed ammonirlo dicendogli «Te la sei voluta, ma ti è andata ancora bene» sono innumerevoli, e tutte esplicative di come NON bisogna comportarsi durante un'escursione in montagna.

Prima regola: un Merendero dilettante non dovrebbe farsi prendere dall'entusiasmo ed improvvisare una corsa solitaria sulla pancia di una montagna come la Schiara. Specialmente se è il primo pomeriggio di una calda giornata estiva, e sulla conca del Pis Pilòn si addensano nubi temporalesche nere come una notte in miniera. Eppure il Nostro in questo caso se ne infischia: si compiace di conoscere a memoria il facile sentiero della valle dell'Ardo, ripete a se stesso che in nove casi su dieci i nuvoloni passano oltre senza scaricare nulla, ed infine parte deciso in automobile alla volta di Case Bortot. Non prima tuttavia di aver approntato con puerile imperizia abbigliamento ed attrezzatura per la breve gita. Niente scarponi, impermeabile o altra roba pesante di scorta contro il freddo, meglio piuttosto scarpe basse e un agile zaino contenente varia attrezzatura di dubbia utilità come telefono cellulare e macchina fotografica.

Seconda raccomandazione: prima di chiudere a chiave l'auto e proseguire a piedi, il Merendero in cerca di grane dovrebbe guardare in alto, annusare l'aria, porsi qualche salutare interrogativo sulla propria incolumità fisica e nel caso ripiegare su una ben più remunerativa birra fresca nel locale più vicino. Ed invece no. Ecco dunque il Nostro sfrecciare lungo il sentiero di Ponte Mariano e macinare dislivello, giungendo infine al rifugio Settimo Alpini mentre inizia a piovere di brutto e le pareti rocciose della Schiara sono tutto un fiorire di fontane, ruscelli e cascate.

«Passerà», considera a questo punto il Nostro a metà pomeriggio dietro ai vetri del rifugio sorseggiando con calma un tè caldo, «È ancora presto ed io non ho fretta». All'esterno, intanto, una grandinata furiosa imbianca il terreno mentre il sentiero assomiglia sempre più al letto di un corso d'acqua. «Prima o poi finirà», si ripete ancora convinto il malcapitato due ore più tardi, quando è ormai quasi arrivato il momento della cena e fuori la tempesta si accanisce imperterrita. Eppure non c'è niente da fare: l'alta pressione che regna sulla Valbelluna comprime l'aria umida sul primo bastione dolomitico, la schiaccia addosso alla roccia e ne rinnova le turbolenze. Le nuvole si rimescolano di continuo, scaricando ad ogni tornata quantità indescrivibili di acqua.

Ad un certo punto sembra smettere sul serio, tanto che il Merendero sprovveduto decide di cogliere l'attimo fuggente: è ormai quasi il tramonto, e la notte in alta quota si approssima svelta ed inesorabile. Qualcosa tuttavia non va per il verso giusto, ed il Nostro si rende infine conto di avere un problema. Ricomincia il nubifragio, riprende anche la grandine, cade perfino qualche emozionante e poco igienica saetta qua e là in mezzo al bosco di faggi. Terzo consiglio: evitare di attraversare un torrente in piena, a meno di non essere costretti da qualche ragione di vita o di morte. Ed infine: quando si è già bagnati, è del tutto inutile mettersi a correre in discesa per arrivare prima all'asciutto.

I Montanari per caso non danno retta tuttavia a questi saggi ragionamenti suggeriti dal buonsenso. Una volta giunti davanti al corso del torrente Ardo in piena, che è ora carico di acqua dopo aver attraversato il soprastante canale del Màrmol, decidono invece che è senz'altro il caso di guadare in mezzo alla corrente impetuosa sebbene indossino soltanto pantaloni corti e scarpe basse. Nella fattispecie concreta, il nostro protagonista non si scoraggia neppure inciampando sul fondo sconnesso e prendendo una botta terribile che gli ammacca una rotula: eccheccazzo, ma li avete visti i fulmini? Qui bisogna andarsene alla svelta, anche se l'acqua gelida del torrente ci ha ormai irrigidito ed indolenzito a dovere polpacci e caviglie.

Come reagirà quindi il nostro Merendero assistendo impotente allo spettacolo della propria caviglia sinistra che decide improvvisamente di sfuggire al suo controllo piegandosi verso l'interno con dolore lancinante? Conterà le stelle? Si chiederà come fare a tornare a casa da solo, zoppo e fradicio, trasportando sulle spalle soltanto un telefono cellulare e una macchina fotografica che nuotano nello zaino come una coppia di pesci rossi? Capirà finalmente di essere un incommensurabile pirla? Certo, tutto questo nello stesso momento. Non prima tuttavia di aver sfogato con un roboante moccolo in direzione dell'iperuranio, una bestemmia che fa risuonare tutta l'alta valle dell'Ardo, tutto il proprio disappunto per l'incresciosa situazione che si è appena venuta a creare.

Esterno serale, parcheggio delle Case Bortot, scena conclusiva. Il Nostro giunge infine in vista dell'automobile stanco, stufo, infreddolito e sciancato, con la caviglia ormai gonfia e quasi rigida dopo la marcia forzata. Lo attendono una domenica mattina al pronto soccorso, una fasciatura ed una settimana a casa con la gamba alta. Avrebbe potuto senza dubbio andare peggio, ma non fatevi comunque troppe domande in merito all'identità del nostro Montanaro per caso: non ha molto a cuore l'eventualità di essere riconosciuto.

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