mercoledì 28 dicembre 2016

SCOPE DI SAGGINA E PLANTIGRADI DA TIRO



Il monte Agnèr e la valle di San Lucano
Va aggiunto che la Val di San Lucano, sopra Agordo, è, per diffusa credenza popolare, una delle sedi preferite dal funesto Vecchio per il letargo invernale.

[Dino Buzzati, I miracoli di Val Morel, Garzanti, Milano, 1971]

Allo scrittore, giornalista e pittore bellunese con ogni probabilità ogni tanto piaceva anche buttarla sul ridere, tanto che nel paragrafo di commento al suo ex-voto Il Vecchio della montagna discacciato dalla Santa con una scopa egli immaginava un epico scontro fra entità soprannaturali fluttuanti nell'etere e dai tratti assai fumettistici: personaggi di pura fantasia che non avrebbero certo sfigurato nel novero dei supereroi Marvel. Il duello all'ultimo sangue, condotto a colpi di scopa di saggina, si sarebbe svolto agli inizi del secolo scorso, secondo la ricostruzione dello stesso Buzzati, nella valle del torrente Tegnàs conosciuta oggi come Valle di San Lucano, proprio di fronte al monte Agnèr che può essere chiaramente identificato anche sullo sfondo del quadro.
Ma nei dintorni di Col di Pra, come narrato dai pannelli esplicativi presso la chiesetta edificata a metà della valle, viene tramandato da tempi ben più antichi anche il racconto delle gesta di San Lucano, singolare figura di vescovo ed eremita che si vocifera abbia concluso qui la sua esistenza nella prima metà del V secolo dopo Cristo, al tempo dell'eresia ariana. Partito a dorso d'asino alla volta di Roma per conferire con papa Celestino I, il santo avrebbe incontrato un contrattempo strada facendo, quando un orso feroce assalì ed uccise il suo modesto destriero. Lucano soggiogò prontamente la bestia e la sfruttò come mezzo di trasporto per proseguire il viaggio fino alla sede pontificia, dove lo stesso papa Celestino ben comprese di trovarsi davanti ad un pezzo grosso: «Lucano, tu sei più santo di me», sono le parole che vengono attribuite al successore di Pietro. Ritiratosi infine in una grotta ancora oggi esistente sopra Col di Pra (il Kol, lungo il sentiero che sale verso il Miél), il santo avrebbe trascorso gli ultimi anni di vita terrena liberando la Val Bissèra dalla minaccia di vipere e basilischi vari, nonché scoprendo alcune fonti d'acqua benedetta. Perfino il saggio Obi-Wan Kenobi di Star Wars non avrebbe saputo fare di meglio.
Al giorno d'oggi frequentare la Valle di San Lucano è molto meno pericoloso rispetto ad un tempo e comunque non si rischiano più incontri così poco raccomandabili. Una camminata fino ai pascoli di Campigàt lungo la franosa strada bianca che si inerpica con molti tornanti fino a forcella Cesurette offre all'escursionista uno strabiliante punto d'osservazione panoramico verso le Pale di San Martino e la Marmolada, dopo una stranissima salita su un nero terreno vulcanico che non ha nulla da spartire con l'ambiente dolomitico circostante.
Dalla forcella di Caòz
Sebbene le abbondanti precipitazioni nevose degli ultimi anni (scatenate forse dal mitico Vecchio buzzatiano) abbiano in molti casi deteriorato i sentieri di cresta, gli scarpinatori più disponibili al sacrificio possono proseguire il giro fino alla forcella di Caòz e rientrare a valle passando per baita Malgonèra. Lungo la strada del ritorno, non bisogna scordare una breve visita ad alcune caratteristiche cascate, ultime vestigia della meritevole opera rabdomantica messa in atto in epoca altomedievale dal santo domatore d'orsi.

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